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February 28, 2023 13 mins
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7330

SAN FRANCESCO DI SALES E IL TRIBUNALE DELLA PENITENZA di Cristiana de Magistris
La quaresima è il tempo penitenziale per antonomasia, e la penitenza per antonomasia è la penitenza sacramentale, la quale soltanto - a differenza delle altre pratiche penitenziali, per quanto austere - ha il potere di ripristinare nell'anima di ogni battezzato la grazia santificante, cioè la vita di Dio, se avesse avuto la disgrazia di perderla col peccato mortale.
L'abbé Barthe, in un recente articolo, dopo aver giustamente sottolineato la crisi che attraversa questo Sacramento a partire dal Vaticano II, auspica una "risalita", conseguente all'ecatombe degli ultimi cinquant'anni.
A questa risalita potrà forse contribuire un opuscolo - non molto conosciuto - che san Francesco di Sales scrisse ai suoi sacerdoti per erudirli sull'amministrazione del Sacramento della penitenza.
In tale scritto il Santo - come si legge nella sua Vita composta dal curato di san Sulpizio (Torino 1922, pp. 195-199) - incomincia con il raccomandare ai sacerdoti di andare sempre al sacro tribunale con una profonda purità di coscienza ed un'ardente desiderio di salvare le anime; poi aggiunge: «Ricordatevi che i poveri penitenti vi chiamano loro Padre, e che perciò dovete avere per essi un cuore tutto paterno, riceverli con dolcezza, sopportare con pazienza la loro rusticità, la loro ignoranza e tutti i loro difetti, ad imitazione del padre del figliuol prodigo, che non si lascia respingere dallo stato stomachevole di nudità e di sordidezza in cui vede ridotto il figlio, ma lo abbraccia, lo bacia con trasporto d'amore perché è padre, ed il cuor di padre è tenero verso i figli».
IL SACERDOTE CONOSCE L'UMANA DEBOLEZZA
In base a questo principio, vuole che si incoraggino quelli i cui peccati rendono vergognosi e timidi, dicendo ad essi che il sacerdote conosce troppo bene l'umana debolezza, perché si meravigli che gli uomini pecchino; che l'uomo più si onora con il pentimento e con la confessione delle proprie colpe, di quello che si sia disonorato con gli stessi suoi falli, e che la penitenza è una seconda innocenza. Se, all'opposto, i penitenti sembrano senza timore, vuole che si rammenti loro che sono alla presenza di quel Dio che li giudicherà, e non già di un uomo; che per essi in quel momento si tratta di una eternità felice o infelice, e che con una confessione mal fatta si macchierebbero di un nuovo delitto. Quanto a coloro che mancano di confidenza, inculca di rappresentare loro la misericordia di Dio, che è più grande delle nostre miserie; la bontà di Gesù Cristo, il Quale pregando per i Suoi carnefici ci fa intendere che, se lo avessimo crocifisso anche con le nostre proprie mani, ci perdonerebbe ugualmente, se ci vedesse pentiti; che il minimo pentimento, purché sia sincero e accompagnato dal Sacramento, dinanzi a Dio ha la virtù di cancellare tutti i peccati; che i dannati e i demoni stessi sarebbero giustificati se potessero confessarsi con sentimento di contrizione; che i più grandi Santi spesso sono stati grandi peccatori, come Davide, san Pietro, san Matteo, santa Maria Maddalena, sant'Agostino; che la più grave ingiuria che si possa fare alla divina Bontà e alla Passione e Morte di Gesù Cristo è il non sperare di ottenere il perdono dei propri falli; e che, infine, la remissione dei peccati è un articolo di Fede.
I PECCATI VERGOGNOSI
Il Santo suggerisce poi le sante industrie con le quali conviene strappare la tanto difficile accusa dei peccati vergognosi, e condurre, come egli dice, pian piano e destramente le belle anime dei penitenti a fare una buona confessione, aiutandoli, lasciandoli parlare senza trovar di che dire sul loro modo di esprimersi, animandoli con queste o altre simili parole: «Quale grande grazia vi fa Dio di ben confessarvi! Conosco che lo Spirito Santo vi muove per farvi fare una buona confessione. Abbiate coraggio: dite francamente... ben presto avrete un sommo contento di esservi ben confessato, e nessuna cosa di questo mondo vi sembrerà da paragonarsi con la felicità di avere interamente sgravata la vostra coscienza; quale consolazione per voi nell'ora della morte di aver fatta questa buona confessione!».
Quindi il santo Vescovo passa alle interrogazioni da farsi ai penitenti, dopo che hanno finito l'accusa; per conoscere tanto il numero dei peccati, con le circostanze che ne mutano la specie, li aggravano o li diminuiscono, e spesso anche li moltiplicano in un solo atto, quanto i peccati di pensiero e di desiderio, che molte volte non si confessano, e anche quelli che si sono fatti commettere al prossimo.
Tanta sapienza unita a tanta prudenza mostra con chiarezza che il Sacramento della penitenza richiede una specialissima diligenza nei confessori, i quali nell'atto di assolvere amministra
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