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September 1, 2020 12 mins
“L’intelligenza artificiale cambia il modo con cui facciamo tutte le cose”. Lo ha detto il professor Paolo Benanti, frate francescano del Terzo Ordine Regolare – TOR, che lo scorso giugno alla Fondazione Bruno Kessler è stato protagonista di uno degli incontri di Essent*IA, organizzati dal programma FBK per la Salute, dal titolo Digital Age: epistemologia e antropologia nell’epoca dell’Intelligenza Artificiale.

Paolo Benanti gira il mondo per parlare di questioni etiche nell’Intelligenza artificiale; si occupa di etica, bioetica ed etica delle tecnologie; studia gestione dell’innovazione, tra internet e l’impatto della Digital Age; approfondisce le biotecnologie per il miglioramento umano e la biosicurezza, le neuroscienze e le neurotecnologie. Dal 2008 è docente presso la Pontificia Università Gregoriana, dove ha conseguito anche il dottorato di teologia morale, presso l’Istituto Teologico di Assisi e il Pontificio Collegio Leoniano ad Anagni. Abbiamo quindi voluto cogliere l’occasione del seminario Essent*IA per raccogliere attraverso questa video intervista qualche riflessione e stimolo su uno dei temi più dibattuti di questi anni.

Alcune domande che gli abbiamo posto ci raccontano innanzitutto la sua formazione e il suo lavoro, altre indagano il suo approccio e la sua visione sul tema dell’etica delle tecnologie. Gli abbiamo chiesto cosa lo distingue rispetto ad altri studiosi: perché un religioso parla di etica delle tecnologie? Qual è la sua visione e qual è l’importanza che dà al tema dell’etica? “Nel mio background ho degli studi tecnici: dopo il liceo ho intrapreso gli studi di ingegneria” – ha precisato Benanti. “Poi ad un certo punto ho fatto una scelta di vita diversa che mi ha portato ad occuparmi di discipline teologiche ed umanistiche. Quando si è trattato di scegliere il dottorato ho tentato di riunire queste due anime, e sono stato accolto dalla Georgetown University a Washington (USA) dove ho potuto toccare con mano biotecnologie, uomo, tecnologie digitali”.

“Il mio contributo come docente per la comprensione dell’umano riguarda il porsi al limite, o meglio, porsi come interfaccia tra umano e macchina della questione etica”.

“La macchina deve rispettare delle questioni che per noi sono fondamentali” – continua Benanti. “C’è un esempio che riporto sempre: un veicolo a guida autonoma che ad un incrocio si trova nella sfortunata circostanza di dover decidere chi sacrificare: come deve scegliere? La scelta etica, prettamente umana, in qualche misura deve diventare una competenza della macchina autonoma. Per fare questo io propongo una definizione che è una commistione tra etica e macchina, un nuovo capitolo dell’etica:

l’Algor-Etica è l’idea di poter sviluppare strumenti algoritmici per gestire dimensioni eticamente sensibili della macchina dotata di intelligenza artificiale”.

Lo abbiamo poi incalzato sull’esistenza di un’etica che possiamo condividere globalmente: “Siamo abituati a pensare l’etica come una dimensione normativa” – ha risposto Benanti. “L’etica delle virtù è un modello che trova universalmente molta più adesione di un’etica normativa. Poi possiamo chiederci quanto è giusto, cosa è giustizia e cosa è equità – questione che abbonda nella filosofia per esempio del Novecento. La macchina deve o non deve essere giusta? È un dibattito aperto”.

Rimane ottimista il professor Benanti rispetto al fatto che grandi player, grandi aziende che si pongono al di sopra degli Stati e che investono miliardi di dollari e risorse, e perseguono obiettivi di business, rimangano centrate sul bene dell’uomo. “Noi ci troviamo in una fase dell’innovazione tecnologica molto particolare, in cui ci sono dei player molto grandi, con bilanci e capitalizzazioni anche superiori a molti stati. Però questi grandi gruppi sono fatti da uomini, da persone che se non trovano soddisfazione in quello che fanno, se non condividono l’idea di missione per rendere “il mondo migliore”, tutto questo non funziona. Questo dà luogo ad una congiuntura in cui il messaggio etico diventa sempre più importante. Se prima a questa domanda rispondevano “noi facciamo business” ora rispondono che l’etica è una cosa fondamentale” – ha aggiunto Benanti.

“Tenere acceso il dibattito sull’etica è ciò che ci garantisce che l’etica almeno bussi alle porte delle istituzioni e dei grandi player. Se qualcuno le apre poi vedremo..”

Una domanda l’abbiamo dedicata alle Istituzioni o portatori di interessi con cui la Santa Sede sta collaborando per diffondere il tema dell’etica. “A partire dalla rivoluzione industriale la Santa Sede si è vista urgentemente interrogata da quella nuova fascia di ingiustizia che arrivava con gli operai e tutta la questione sociale. Nasce quindi da fine ‘800 – in ritardo rispetto ad altri movimenti – una corrente che si chiama Dottrina sociale della Chiesa che è attenta a questi cambiamenti della società. Oggi sembra essere
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