All Episodes

June 3, 2021 14 mins
Nel mio orto nascono pomodori che nessun supermercato sarebbe disposto a mettere sui suoi banchi. Sono bruttini, non troppo grandi, con delle macchioline sulla buccia dove qualche uccello ha dato una o due beccate. Non ce n'è uno uguale all'altro. Eppure se li assaggi sono non buoni, sono buonissimi. E non lo dico perché vengono dal mio orto, ma perché è proprio un fatto oggettivo.Sarebbe improponibile, commercialmente, produrli su una scala vendibile e certamente non incontrerebbero il gusto di molti. Cosí difformi e sconclusionati. Ma per me vanno bene.Ci ho messo anni per arrivare a questo livello nella coltivazione della più famosa delle solanacee, ma adesso li produco con soddisfazione e li faccio per me e per i miei amici. Quando sono in un'insalata ti sfido a vedere che non sono proprio rotondi o geometricamente bislunghi. Yasuhiro Ogawa scatta fotografie che sono come i miei pomodori. A prima vista piene di piccoli difetti, spaiate, non conformi, scure, cupe, bagnate, poco invitanti. Eppure più le guardo più mi accorgo che hanno sapore, personalità, carattere, respiro.Non le troverò certamente sulle copertine delle riviste di moda o sul National Geographic, ambienti che cercano e richiedono un diverso tipo di fotografia, ma una volta sulla mia tavola (o meglio, tavolozza) visiva, mi basta poco per convincermi che vale la pena gustarle. Assaporarle con calma.Ogawa è un fotografo giapponese che fa dell'estetica Wabi Sabi il suo punto di forza.E qui forse serve una breve spiegazione.Non posso definirmi esperto di cose giapponesi, ma ho visto tanti tanti film giapponesi di registi straordinari come Ozu, Kurosawa, Kitano, Mizoguchi in gioventù ho letto anche molti autori tipo Murakami, Mishima, Ōe , Matsumoto e anche altri che adesso non riesco nemmeno ad elencare.E non dimentichiamo la mole impressionante di anime e manga di cui ho fruito e fruisco. Sono cresciuto, praticamente, allevato dalla cultura giapponese.Questo, ripeto, non fa certamente di me un esperto, ma alcune cose penso di averle colte ed una di queste è che in Giappone vivono delle contraddizioni. Da un lato ad esempio ci sono personaggi come Jiro Ono, il più grande cuoco di sushi del mondo che in uno scantinato di Tokyo, vicino alla stazione di Ginza ha il suo ristorante.Si chiama Sukiyabashi Jiro. Se sei occidentale devi essere accompagnato da una guida locale. Ci puoi stare massimo 20 minuti. Alla fine paghi 250 euro e te ne vai avendo mangiato il migliore sushi mai preparato.Jiro Ono ha passato la sua vita, 96 anni ad oggi, perfezionando giorno dopo giorno la sua arte. Qualcosa di ossessivo, di maniacale. Qualcosa che non consente errori che non ammette imperfezioni. Ogni giorno, per 80 anni ha migliorato qualcosa per non lasciare nulla al caso. Accanto a tanti esempi di questo tipo di filosofica ricerca della perfezione ci sono però tanti esempi di accettazione di quelle che sono le imperfezioni.La filosofia Wabi Sabi appunto.Una teiera sbeccata e ricucita, un giardino perfettamente rastrellato dove sono cadute delle foglie di acero, una costruzione cadente, un tempio abbandonato. Ognuna di queste immagini mentali contiene, almeno in parte un sapore Wabi Sabi.In occidente abbiamo quasi l'ossessione per le regole ed il rigore formale.In fotografia non parliamone. La proporzione aurea, la regola dei terzi, la simmetria, l'ordine, la prospettiva. Abbiamo strumenti che mostrano una griglia nel mirino per aiutarci a rispettarle. Nei circoli fotografici ti misurano le proporzioni con la squadra e il goniometro.Ci piace che esitano relazioni matematiche tra le cose, ci piace pensare che le cose belle siano eterne. La matematica è il linguaggio della natura e solo ciò che rispetta il ritmo armonico della matematica ha il sigillo dell'estetica.Abbiamo il gusto per il ritmico ripetersi dei pattern. Cerchiamo conferme. Amiamo l'eterna consuetudine dello sfarzo e della regolarità.L'estetica Giapponese, invece, è profondamente diversa. Delle cose se ne apprezza molto di più il lato imperfetto, rustico, melanconico.Non c'è il culto del "kalòs kai agathòs", il bello e buono, l'invincibile, l'indomito, il giusto. L'estetica giapponese in molti casi si basa invece sul grande rispetto per quello che è caduco, fragile, invecchiato, sgualcito.La convinzione è che ci sia sempre grande bellezza nel portare i segni del tempo e nell'essere di conseguenza unici, perché il tempo lavora su ognuno di noi in modo differente.Ecco quindi che in quest'ottica iniziamo a capire meglio la fotografia di Yasuhiro Ogawa. I suoi neri profondi accostati a bianchi sparati sono il risultato di questo gusto dell'imperfezione e dell'unicità.Nella fotografia di Ogawa non ci sono regole, non c'è nulla che non si possa fare, di certo non si cercano simmetrie né si trovano regolarità.La copertina del suo primo libro, Shimagatari, è una immagine sgranata di una battigia. L'immagine è pendente. I più libri più moderni chiamerebbero quell'inclinazione della fotocamera "Dutch Angle"
Mark as Played

Advertise With Us

Popular Podcasts

Dateline NBC
Death, Sex & Money

Death, Sex & Money

Anna Sale explores the big questions and hard choices that are often left out of polite conversation.

Stuff You Should Know

Stuff You Should Know

If you've ever wanted to know about champagne, satanism, the Stonewall Uprising, chaos theory, LSD, El Nino, true crime and Rosa Parks, then look no further. Josh and Chuck have you covered.

Music, radio and podcasts, all free. Listen online or download the iHeart App.

Connect

© 2024 iHeartMedia, Inc.