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November 1, 2023 146 mins
Ciao a tutte e a tutti!
Dove sono le nebbie? Per favore, ridateci l’autunno. No, aspettate. Pare che questa fervida e sentita preghiera sia stata sentita perché da un manciata di giorni il mercurio si è messo la cuffia in testa, ha allargato le braccia e si è tuffato in verticale verso il basso. Come ormai accade sempre più spesso i cambi di stagione avvengono a codice binario, le giornate di dissolvenza incrociata sono un lontano ricordo e la natura stessa non ci capisce più nulla. Ho visto uccelli disorientati che per la migrazione volavano in tondo, invece di puntare all’Africa, con la formazione a punto di domanda e non più come la punta di una freccia. Le stesse foglie invece di rifarsi il guardaroba con colori gialli ed arancioni, si esercitano a cadere e a risalire verso il ramo. Prendono a nolo la bava dei ragni e si gettano nel vuoto attaccate con questo elastico naturale facendo centinaia di prove, perché poi quando finalmente cadranno al suolo vogliono che la loro discesa sia perfetta. Gli stessi animaletti che dovrebbero cominciare a far raccolte per l’inverno li ho visti girare su mini monopattini ubriachi con infradito e Mojito mezzi finiti, e giuro che uno scoiattolo aveva una maglietta con sopra scritto Summer Forever e dietro No Future. Sia come sia questa stagione delle nebbie è in ritardo, ma è davvero ormai prossima a travolgere gli argini del tempo e regalaci colori vermigli e sciarpe appese ad adornare colli e cervicali. Lo so che è impopolare, spesso è terreno di feroci discussioni, ma per me la nebbia è uno di quegli elementi che meglio si adatta alla mia vista e al mio cuore. È un manto che nasconde, è una veste di fatta di silhouette e i dettagli sono sempre presenti ma devi cercarli, devi esserci immerso dentro per scoprirli, è una quinta teatrale che svela la scenografia, tutto l’insieme, piano piano. A volte credo sia la metafora perfetta della musica, ma questa è una mia opinione. Quindi che la stagione delle nebbie, delle castagne, della grande zucca di Peanutsiana memoria e dei colori caldi abbia inizio. Di contro, invece, speriamo che la nebbia granitica della mancata empatia umana possa cessare una volte per tutte. Sperare non è reato. Sparare invece si. Decidere un attacco deliberato verso i civili, invece si. L’indifferenza, invece si. Soprattutto quando si è perso il rispetto per la vita umana a tal punto da non saper più riconoscere e provare dolore o pietà. È difficile, è mostruosamente complicato trovare la leggerezza oggi giorno, cercare il colore nell’oscurità che gli avvenimenti di queste settimane ci stanno frustando sul cuore e sull’anima. È complesso non sentire dentro di sé ogni singola vita che viene spazzata via, ogni corpo che lascia un vuoto in questa linea temporale, mentre il fruscio delle banconote aumenta a dismisura. Altro che secoli bui, le pagine di storia contemporanea sono intrise di sofferenza e di suoni atroci, ma ciò che fa più male è che, la dove dovremmo essere sovrumani, siamo invece a dibattere come lupi su chi abbia ragione e scegliere una parte della scacchiera senza mai considerare le cause e le sfumature. Scusate lo sfogo. Ancora una volta dobbiamo rivolgerci al bello, alla poesia, all’arte e alla sua emanazione più lucente, la musica, ma non per ficcare la testa nella terra per far compagnia ai tassi, ma solo perché oggi più che mai è necessario per la sopravvivenza ricordarci che a questo mondo qualcosa di bello, di alto e di altro esiste. Ed è li a un passo. Io mi sono trovato in questi mesi drammatici, ahimè più spesso di quanto voglia ammettere, ad aggrapparmi con forza alla musica, alla suzione del capezzolo musicale attraverso le orecchie, per ricordarmi nei momenti di sconforto che c’è qualcosa per cui valga la pena lottare e che questa montagna di escrementi la si può smantellare solo e soltanto attraverso l’abbandono verso qualcosa di bello e puro. Sarò un idealista, ma non riesco a trovare altre soluzioni. Mi perdonerete questo cappello introduttivo così greve, e spero anche il nostro ospite, ma sono momenti davvero difficili da vivere e nulla in confronto a chi tenta di sopravvivere. Allora che sia la musica, ancora e ancora a salvarci e mostrarci la via luminosa da percorrere, fino alla fine, che siano suoni a curare i nostri giorni e a renderli il più colorati possibile. In questa ottava onda della quinta stagione ci rivediamo, anzi ci risentiamo, dopo un mesetto circa di mia assenza, ma come ho raccontato nella scorsa puntata ho avuto le mie buone ragioni nuziali e riprendiamo il filo di Arianna, lì dove lo avevamo lasciato appoggiato. Per farmi accompagnare in questo episodio ho con me un grande ospite che a sua volta mi ha ospitato, qualche mese fa, all’interno del suo progetto ed io non potrei essergli più grato. Ci siamo rincorsi per un discreto tempo, e incastrare tutto non è stato facile, ma voglio ringraziarlo fin da ora per tutta la pazienza che mi ha donato. Si potrebbe dire di lui che è un collega, perché o
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