Mercoledì, 25 aprile 1945, Milano, Corso Monforte. Tedeschi! Infami traditori. Cani maledetti. Devo arrivare in Prefettura. Devo riflettere e prendere una decisione. Il tempo è poco: "Autista, accelera!" Ho ancora nelle orecchie le parole del prefetto Bassi durante la riunione in Arcivescovado. I tedeschi hanno avviato trattative per una resa in segreto a nostra insaputa. Come ho potuto fidarmi? Come ho potuto essere così sciocco e credere che in questo gioco alla guerra ci fosse spazio per il cameratismo e la fedeltà? Ci hanno sempre trattato come servi e ora ci pugnalano alle spalle. Avrei dovuto capirlo, avrei dovuto vederci chiaro. Ma ormai è tardi. Ecco corso Monforte, fuori dall’ingresso della Prefettura c’è una piccola folla di curiosi e fanatici. Scattano tutti sull’attenti al mio arrivo in automobile, applaudono convinti che io torni vittorioso come sempre, come sono abituati a credere. Sciocchi, non capiscono che è tutto falso, una gigantesca illusione, un inganno organizzato ad arte?